De Zhuang è l’Hotpot che arriva a Roma direttamente dalla Cina per mescolare sapori e profumi d’Oriente in un calderone di condivisione.
Aperto nell’ottobre 2021 a pochi passi da Piazza Vittorio è stato ed è tutt’ora tra i primi fautori dell’autentico hotpot nel pieno rispetto della vera tradizione cinese. Giorgia Chen è la padrona di casa che, figlia di ristoratori cinesi, è cresciuta in Italia pur viaggiando e assaporando culture diverse che hanno impreziosito la sua cucina. Una cucina che porta a Roma l’essenza dei Chinatown di tutto il mondo.
Ma cos’è l’hotpot?
L’Hotpot è una pentola di brodo bollente posta al centro del tavolo. Nasce come cucina povera dei marinai che nei porti trovavano ristoro con un buon piatto caldo, anche se questo significava riutilizzare gli scarti. Un concetto che oggi più che mai rientra nel tanto in voga ma soprattutto etico “no waste”. I pro dell’hotpot però a quanto pare si riversano anche nelle sue funzioni benefiche che, tramite i suoi brodi bollenti e talvolta piccanti, liberano il corpo dell’umidità trattenuta, soprattutto nelle stagioni calde. Essenziale è però la pentola ed infatti nella piccola Cina di Via di San Vito a Roma è quella che va scelta per prima: con 1 o 2 gusti (piccante e/o dolce) o con 9 griglie che, realizzata nei tempi antichi, preservava in cottura la netta separazione dei sapori delle interiora degli animali. Si passa poi alla scelta del brodo: pomodoro e funghi porcini (ideale per un’esperienza orientale in pieno stile vegetariano), piccante e non.
Ed è questa la vera chicca dell’indirizzo romano: i 6 gradi di piccantezza fino ad un massimo di 75 gradi. Un’intensità di piccante data dall’olio del grasso animale, tutto fatto in casa, brevettato e registrato dalla casa madre come “Il grado di piccantezza del Signor Lu” – “Chi l’ha detto che il piccante si divide solo in basso, medio e alto?”.
Infine, la salsa – satai, di sesamo, d’ostrica, di arachidi, soia ed infine, per chi è alle prime armi con l’hotpot, solo da De Zhuang la salsa universale. Protagonista indiscussa del brodo è però la carne – sakura – di agnello o manzo, interiora (coda e intestino di maiale, sanguinaccio) ma anche pesce, verdure e pasta (spaghetti di soia, gnocchi con patate rosse cinesi). Ogni singolo ingrediente porta in risalto l’altissima qualità della materia prima scelta che viene così valorizzata e mai coperta, come invece spesso accade nella cucina locale. Funghi ping gu, cavolfiori cinesi, alghe, zampe di gallina e anatra, lingua di anatra, trippa pregiata ma anche chele di granchio reale e tofu affumicato. Tutti ingredienti di primissima scelta da abbinare a piacimento seguendo solo il proprio gusto. Il menu alla carta propone anche piatti già cotti (involtini, riso saltato con manzo o uova e ravioli) e dolci, a partire dalla gelatina con frutta cinese. Tante poi le bevande da accompagnare, birre e vino rosso ideali per contrastare il brodo caldo.
La sala, dagli spiccati arredi orientali e nei toni del rosso, ospita fino a 80 coperti distribuiti per 20 tavoli, tra i quali alcuni più riservati rappresentano la vera eccezione dello spirito dell’hotpot, nato invece per condividere. Cucinare e “pescare” il piatto di qualcun altro, divertirsi, giocare con i sapori e scoprire, è questo il concept che da poco più di un anno ha attirato e convinto la clientela occidentale oltre alla forte presenza orientale dell’Esquilino. De Zhuang è un’esperienza autentica che ha sposato la filosofia di uno dei dieci più importanti marchi di hotpot cinesi in termini di qualità e autenticità.