Ci si aspettava probabilmente il classico spin off di Batman e, invece, il regista Todd Phillips ci presenta un’opera straordinaria, un viaggio introspettivo alle radici del male.
La famosa aria di Ruggero Leoncavallo “Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto; in una smorfia il singhiozzo e ‘l dolor…Ridi Pagliaccio!” sintetizza la vita di Arthur Flick (poi Joker), uomo fragile con un trascorso in clinica psichiatrica che fa il possibile per reintegrarsi nella società con un lavoro onesto come il clown nei negozi e negli ospedali, sognando di diventare un comico famoso.
Arthur Flick vuole essere aiutato e accettato, si aggrappa alle poche certezze che ha (lavoro, cure farmacologiche, supporto psicologico, famiglia) e al bisogno d’amore, sino a quando gli verranno negate.
Un film in cui il personaggio di Joker, a nostro avviso, è solo un pretesto per portare alla luce temi tragici e difficili come abusi e sevizie sui bambini, bullismo, sfruttamento e lotte di classe, apparentemente ovattate dalla fotografia e dalle riprese tipiche della comic novel dark.
Un’opera cinematografica di denuncia, con la consacrazione di un attore straordinario, Joaquin Phoenix che non solo recita in modo talmente magistrale da darci la sensazione di provare le sue stesse ferite interiori e parteggiare per lui e, dimagrito sino a sembrare fortemente malato, si contorce, si disarticola come una marionetta, soffre e risorge, con una fisicità così prepotente che, da sola, varrebbe l’Oscar.
Ci ritroviamo tutta la solitudine, impotenza e violenza psicologica che albergano nell’animo umano,
questo Joker pare un mix tra i personaggi kafkiani, l’idea proustiana sull impossibilità di essere felici e
il flusso pirandelliano del cambiamento dell’essere.
È una frattura dell’individuo, del suo rapporto con la realtà e con i valori che fino ad allora avevano nutrito la sua labile integrità psicologica, trasformandolo da vittima a nemesi di un sistema. Un film crudo, violento, politico, disturbante, vietato ai minori di 18 anni.
Potrebbe succedere, domani, anche a noi. Perché tutto può precipitare da un momento all’altro.
La comic novel diventa contestazione e inneggia alla rivolta degli emarginati.
Standing ovation del pubblico in sala che applaude per 8 minuti non stop al film, al regista, al protagonista.
Per noi è assolutamente un Oscar: a Joaquin, all’uomo, ai dimenticati.